
Era il 1979, ed intermediari di big pharma vollero corrompere con 32 miliardi di lire depositati in Svizzera un ministro della sanità italiano. Ma quel ministro non era come altri ministri e ministre: era l’eroica antipiduista Tina Anselmi. Che allora era in procinto di cancellare dal mercato migliaia di farmaci unitili o dannosi. Una commissione di scienziati ancora in maggioranza indipendenti aveva lavorato a lungo per stilare quella lista di farmaci da eliminare dai prontuari. Come mai più fecero commissioni successive, infarcite di corrotti. Lei disse di no ai corruttori e firmò comunque il provvedimento di cancellazione. E cosa accadde?
Subito dopo le fecero saltare in aria la macchina con il tritolo. Si salvò solo perché era tornata indietro a chiudere il gas di casa. Ma lei firmò comunque, e crearono enormi problemi a tutta la sua famiglia. E una bomba fu trovata pronta ad esplodere nel giardino della sorella, contigua alla sua. La Tina non era in casa perché trattenuta all’ultimo momento da un impegno. Quando nel 1984 a Brescia Tina Anselmi raccontò l’episodio, tutti i venduti della politica di allora, invece di solidarizzare con lei, l’accusarono di tirare fuori certe cose per carrierismo. Chi c’era in prima fila? Un po’ tutti, ma i più acidi e malfamanti furono esponenti di destra e i radicali. I primi servi storici degli ambienti atlantisti piduisti, ed i secondi raffinato prodotto fintamente libertario di una precisa corrente massonica internazionale.
L’ha ribloggato su PASSAPAROLADESSO.
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