Per l’economista, il mondo reale è spesso un caso speciale.
[For economist the real world is often a special case].
Edgar Fiedler
Immagine in intestazione da https://www.agrodolce.it/tortellini-10-modi-per-condirli
Ho trovato in giro questo racconto molto ben curato che spiega cos’è il “valore” e come è facile descriverlo in termini elementari; lo riporto in forma parziale in modo da rispettare la fonte.
Una storia odierna ma anche antica, con un finale quasi scontato ma che ci fa capire cosa succede se quel “valore” (che poi siamo noi) viene normato dal Potere nazionale; che nulla a che a vedere con quello individuale. Anzi, ne è l’antitesi, una piovra che deve trattenere per sé tutto ciò che non può controllare e fagocitare tutto ciò che è energia vitale.
Buona lettura.
Quando mia nonna prese l’abitudine di pagare il condominio coi tortelli fatti in casa, non si aspettava mica di produrre ripercussioni sull’economia nazionale. Contava soltanto di arrivare alla fine del mese. Del resto, credeva che le fosse stata accordata una concessione del tutto peculiare, a ogni modo molto vantaggiosa, e, poiché era dubbiosa di averne pieno diritto, ne provava una certa vergogna e glissava sull’argomento. Che nel condominio si praticassero pagamenti in tortelli divenne fatto di dominio pubblico quando lo stesso amministratore, con la passione per i fornelli, si mise a esigerli dagli altri condomini. La sua apparentemente stramba richiesta suscitò l’approvazione entusiasta di larghissima maggioranza dei nuclei familiari, soprattutto quelli con componenti inattivi, che potevano finalmente adoperarsi per far quadrare i conti a casa. Venne immediatamente convocata un’assemblea di condominio straordinaria, la quale decretò che l’amministratore non avrebbe potuto rifiutare pagamenti in tortelli.
A quel punto la voce si sparse nel circondario, complice anche l’amministratore, che si ritrovava con più tortelli di quanti ne potesse mangiare o conservare in frigo e aveva perciò chiesto al farmacista, al macellaio e al meccanico di poter saldare i propri conti in tortelli. Accettarono di buon grado tutti e tre, sebbene il farmacista avesse voluto prima sottoporne un campione a esame tossicologico. Nel giro di una settimana tutti gli esercizi commerciali e i professionisti del quartiere accettavano o addirittura pretendevano pagamenti in tortelli. Due mesi dopo gli scambi in tortelli erano all’ordine del giorno in città.
Fu una manna dal cielo per i disoccupati. Si registrò un abbandono in massa dei corsi di formazione per l’inserimento professionale, che non conducevano ad altro se non all’iscrizione in lunghe liste d’attesa per contratti stagionali o a termine. Farina, uova, pangrattato e gli ingredienti per il ripieno rappresentavano sì un costo, ma irrisorio rispetto al potere d’acquisto ricavabile dai tortelli, e ciò anche quando l’accresciuta domanda di queste materie prime produsse un sensibile rialzo dei loro prezzi. Nel gergo giornalistico le persone che, per sbarcare il lunario o arrotondare, preparavano i tortelli in casa furono indicate come pastificatori casalinghi, categoria che ricomprendeva non solo disoccupati, ma anche lavoratori part-time involontari e pensionati, come mia nonna.
Ne trassero guadagno anche i rivenditori di generi alimentari, che, pur tripudiando per il boom di fatturato, diedero impulso solo molto limitatamente a nuove assunzioni. Gioele Padana, proprietario della più grande fabbrica di tortelli del Paese, già ricchissimo, si ritrovò in possesso di una vera e propria miniera aurifera; la sede centrale della sua impresa venne soprannominata “il deposito”….
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